Riporto integralmente l'articolo che ritengo molto bello, di Roberto Bioglio su EcoRisveglio. Il tema dovrebbe essere centrale per la nostra provincia, perchè tratta di una potenziale economia estremamente interessante supportata da una ottima legge regionale che però è ferma in qualche cassetto da più di 7 anni per l'inerzia di una classe politica sempre più imbarazzante.
Ci sono un portatore d’handicap, un presidente della Provincia e un giornalista che salgono in un alpeggio.
No, non è l’inizio di una barzelletta. Anche perché, in questa storia, c’è poco da ridere. Questa è una vicenda tutta italiana, dove c’è chi prova a cambiare la propria vita, si mette in gioco, andando oltre le barriere della propria disabilità e si scontra contro il mostro più feroce che esiste in Italia: la burocrazia. In questo caso quella della Regione Piemonte, che tiene una legge, già approvata dal consiglio regionale, per 7 anni chiusa in un cassetto e non approva i decreti attuativi.
La legge in questione è la numero 16 del 31 ottobre 2017, quella che regola l’esistenza dei rifugi di piccola accoglienza montana (PAM) strutture per fornire pernottamento e ristoro in località non raggiungibili tutto l’anno con strade aperte al traffico.
Quando il portatore d’handicap (Renato Brignone), il giornalista (il sottoscritto) e il presidente (Alessandro Lana) salgono all’alpe, è giovedì 7 novembre 2024 e sono passati 7 anni e 7 giorni dall’approvazione della legge finita nel cassetto.
Renato è disabile dalla nascita ma la cosa che più colpisce di lui non è avere una gamba più corta. L’handicap non l’ha mai fermato: Brignone è salito in cima al Monte Rosa, ha preso la vita di petto lavorando anni fa al progetto sociale della Dislocanda, per la cui difesa era andato fino a Roma a piedi. Anzi, a esser pignoli: su un piede solo.
Ha girato le montagne della Provincia in lungo e in largo e ha fatto molti lavori, è stato eletto nel consiglio comunale di Verbania nelle fila dell’opposizione. Ha uno spirito da “bastian cuntrari” e lo ammette: «So di avere un brutto carattere - dice mentre iniziamo la salita - fossi stato più malleabile, chissà, forse avrei concluso di più nella vita».
Brignone ha lottato, con le sue idee spesso geniali e la sua testardaggine, accompagnandosi con le stampelle. Siccome però non erano adatte alla sua disabilità, un bel giorno si è messo d’ingegno se l’è disegnate. Stampelle adatte non solo alla sua disabilità ma migliori di quelle tradizionali anche per chi ne fa un utilizzo temporaneo o quotidiano che sia.
La sua idea è così diventata un brevetto, le Tompoma, le stampelle a saetta, e poi un’impresa, tempo fa assorbita dal gruppo Altair. «Su questa storia - dice - ci sarebbe da scrivere un romanzo». Lui si limita a dire di aver dovuto cedere per pochi soldi il brevetto anche se, spiega, «a me del denaro non è mai importato: mi basta averne a sufficienza per fare la vita che mi piace». E la vita che gli piace, racconta, «è quassù, sulle montagne”.
«Durante il Covid - dice Brignone - ho preso la decisione drastica che meditavo da un po’: andare a vivere nella mia baita all’alpe Aurelio, in località Corte Nava, Curt d'la Nava, nel comune di Cossogno». Una baita a mille metri d’altitudine, lontana 40 minuti a piedi dalla strada carrozzabile più vicina, che sale da Miazzina. Lì ormai ci vive da tempo con la compagna Cècile, una francese che è arrivata qui come turista e alla fine qui ci è rimasta. Vivono senza i comfort e le tecnologie odierne. Non hanno il frigorifero ma hanno l’acqua corrente, presa da una sorgente. Hanno una fossa biologica, un piccolo pannello solare per ricaricare i cellulari, le candele per la luce, una stufa per scaldarsi d’inverno e una doccia. E, soprattutto, una vista da mozzare il fiato.
Renato scende tre volte a settimana per raggiungere Domodossola, dove lavora ancora come collaboratore al progetto Tompoma. «Il resto del tempo lo trascorro lassù - ci dice indicandoci una baita che ci sembra lontanissima - . Attraverso Airbnb ho scoperto che c’è un turismo che apprezza molto questi luoghi e vuole trascorrervi le vacanze».
Clientela soprattutto straniera: americani, svizzeri, francesi, tedeschi ma anche danesi, norvegesi, cinesi di Hong Kong e australiani (gli ospiti giunti da più lontano). Mentre saliamo, Brignone ci racconta di aver acquistato per pochi soldi altre due baite per ampliare l’attività. «Vorrei vivere di questo: non si parla grosse cifre, ma farei quello che mi piace». Brignone sale con passo agile, mentre il sottoscritto giornalista, decisamente fuori allenamento, arranca. Io e il presidente Lana ci troviamo più volte ad ammirarlo con una punta d’invidia. «Renato, ma come fai a salire quando viene la neve?» chiede Lana. «Un passo alla volta» risponde lui ridendo.
«Questo tipo di turismo - aggiunge - aiuterebbe per davvero il territorio perché il turista che viene da me poi frequenta i negozi e i bar del paese, facendo muovere davvero l’economia. Piccole economie che fanno la differenza. La legge è stata approvata sotto la giunta Chiamparino, complice l’interessamento di Aldo Reschigna. Nella passata legislatura, la prima di Alberto Cirio, tentammo di approvare i decreti attuativi coinvolgendo l’assessore Fabio Carosso». «C’è anche stato un incontro a Torino con assessore e dirigenti - aggiunge Lana - abbiamo anche portato una bozza di regolamento elaborata dai nostri tecnici. Nulla da fare». La legislatura è finita invano. Ora l’assessore alla montagna è cambiato e Brignone ha deciso di tornare alla carica, sempre appoggiato da Lana. «Politicamente siamo distanti - dice Lana - ma io non giudico le idee dalle persone che le propongono».
«Nel frattempo - aggiunge Brignone - le PAM sono diventate ancora più urgenti. Infatti le regole per gli affitti brevi per arginare gli Airbnb nei centri storici incideranno anche sul mio. Le regole sono cambiate e per gli affitti brevi occorre avere un Cin (codice identificativo nazionale): per averlo serve accatastare le baite come abitazioni. Io l’ho fatto e sono in regola. Altri di alpeggi vicini invece hanno rinunciato e non faranno più affitti brevi. Una perdita per l’economia del territorio».
La legge sulle PAM potrebbe essere, come si dice oggi, il “game changer”: semplificherebbe la vita a chi vuole mettere a reddito queste baite che hanno un mercato di nicchia ma vivo e vitale e magari spingerebbe altri a recuperare le proprie.
Durante la salita Brignone ci parla anche di come la legge di qualche anno fa che ha obbligato ad accatastare le baite sia stata una vera mazzata per le baite alpine. «L’idea non era sbagliata - dice Brignone - in Toscana esistevano casali con piscina non accatastati o segnati come magazzini. Giusto metterli in regola». «Sulle Alpi però - dice Lana - la situazione era diversa: tante baite erano abbandonate e il loro recupero, dovendo seguire le regole del paesaggio, era troppo esoso». Molti per non pagare la Tari hanno così deciso di abbatterle.
L’esempio lampante è una baita che incontriamo salendo lungo il sentiero. «La chiamano la “baita della vergogna” - ci dice Brignone - si dice fosse stata data come risarcimento per uno stupro».
Ora non ha più un tetto: è stata abbattuta dai proprietari perché era solo un costo. Vergogna due volte, verrebbe da dire.
Arrivati all’alpeggio Brignone ci mostra con orgoglio i lavori alle due baite che sta recuperando; poi, da perfetto padrone di casa aiutato da Cècile, ci offre un pranzo, in semplicità, con la pasta al ragù cotta sulla stufa a legna, nello splendido contesto naturale di un luogo lontano da stress e tensioni della vita moderna. Guardando Brignone, pensando ai suoi sogni e alla sua determinazione, verrebbe da pensare che il suo handicap non l’ha fermato. I veri handicap della montagna sono altri. Quelli delle inerzie della politica.
Roberto Bioglio
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